giovedì 19 dicembre 2013

Recita di natale




Mi hanno sempre allietato le recite di Natale che ogni anno in molte scuole, soprattutto private, le maestre organizzano per i bambini e i loro genitori. Mi piace l’atmosfera che aleggia, la contentezza, lo scambio degli auguri tra le famiglie che hanno imparato a conoscersi anche se solo al ritmo degli avvenimenti scolastici, i quali, comunque, creano l’occasione per fare stare insieme i bambini in un rapporto immediato e personale e non , come purtroppo usa oggi sempre più spesso, virtuale.
E conseguentemente , in occasione delle fese natalizie, in po’ prima della chiusura delle scuola, le recite costituiscono motivo di incontro e  preludio a tutte quelle attività mangerecce e spenderecce cui tutti, chi più chi meno, ci dedichiamo in questo periodo.
In questa atmosfera mi è capitato di partecipare alla recita organizzata dalla scuola elementare frequentata dalla mia nipotina. Nel mio ruolo di nonna non potevo tirarmi indietro e mai l’avrei fatto se non altro per la gioia e l’orgoglio di vedere la mia piccola bambina in mezzo a tutti  gli altri compagni, pronunciare qualche battuta e con questo affermare il suo ruolo di appartenenza.
Benissimo. Vado quindi a questa recita che si dà in un luogo storico  e famoso della città che, se non fosse stato per l’umidità che trasudava dalle massicce pareti a dall’alto soffitto, avrebbe potuto dirsi perfetto.
La maestra che tiene il corso di teatro -corso extracurricolare e quindi, vista la natura della scuola privata, a pagamento, al di fuori della retta scolastica- nell’introduzione incipitaria del pomeriggio teatrale, ci tiene a precisare che l’obiettivo per lei più importante non è la recita in sé, quanto, viceversa, la possibilità di stare tutti insieme, genitori, bambini, nonni e famiglie allargate di tutti i tipi. Bello, mi dico, ecco finalmente lo Spirito Di Natale che aleggia autentico, anche se in un’occasione preparata ad arte, ma comunque sempre significativa e produttiva di sentimenti positivi.
C’è un’allegra confusione, i bambini della primaria sciamano nell’area della cripta della chiesa sconsacrata, luogo, appunto, designato per la recita. Peccato però. Non si vedono tutti, poiché il  pavimento della suddetta chiesa non è stato dotato  di un rialzo posticcio in legno. Ma pazienza. Dalla mia postazione intravedo qualche bimbo e bimba ma soprattutto vedo molto chiaramente una foresta di teste di mamme e papà  qualcuno dei quali ha ignorato l’invito della maestra, di spegnere il cellulare. Con l'effetto  che la suoneria intervallerà abusivamente la recita dei bambini.
Inizia lo spettacolino: i bambini si dispongono a semicerchio. Sono in molti. Presumo le classi al completo. E’ bellissimo vederli, o meglio, sentirli cinguettare allegri e ciarlieri prima dell’inizio. Poi, di colpo, silenzio. Si abbassano le luci, si accendono i riflettori: è l’inizio. Entra in scena la maestra e spiega agli astanti che ciò che verrà rappresentato non sarà la nascita di Gesù, ma tutta la preparazione all’avvento salvifico, narrato nei Vangeli Apocrifi. Ci verranno mostrate  alcune scene tratte dal racconto della vita di Anna e Gioacchino, genitori di Maria e di Maria Vergine stessa all’atto dell’annunciazione dell’Angelo. La nascita di Gesù verrà raccontata solo attraverso l’affabulazione dei pastori. E questo, richiedendo un gran numero di personaggi, consente alla maestra di fare recitare tutti i  bambini. Ottima intuizione! mi dico, e mi predispongo al godimento.
Iniziano subito ad entrare in scena alcuni bambini nel ruolo di angeli messaggeri che raccontano, credo senza alcuna mediazione divulgativa, direttamente con le parole dei testi di riferimento, la storia di Anna che si duole di non avere ancora avuto  il beneficio di una maternità e che quindi ritiene di essere la più sfortunata tra tutte le donne. Anzi, tra tutto il creato, in considerazione che sia la terra che  l’acqua e  tutti gli animali, a suo dire, sono fecondi e lei invece no. Continua la scena, sempre intervallata da bambini-angelo che raccontano, con la lingua aulica e desueta del testo, fatti di cui presumo ignorino totalmente il significato e che anzi, sempre presumo, non comprendano affatto. Proseguono le scene, intervallate da piroette dei bambini più piccoli, forse della prima classe, che gli angeli vanno a sollevare dal pavimento tenendoli per mano e invitandoli a mimare ciò che viene raccontato a parole. L’effetto, su di me, è devastante. Scorgo infatti i piccoli visi sorridenti dei bambini che, tra una battuta e l’altra, parlano tra loro ridendo nell’autentico loro ruolo di bambini. La recita va avanti. Adesso è Maria che entra in scena e descrive, in tono affabulatorio, il miracolo della sua fecondità senza avere mai conosciuto uomo, al cospetto di Giuseppe che, piuttosto incredulo e perplesso, informa Maria che sarà costretto ad abbandonarla fuori dalle mura della città, perché, dice, -Maria conosci anche tu la legge-  e quindi ne cerca il consenso per l’azione di per sé esecrabile che è costretto a commettere. Ma poi la cosa rientra, perché Giuseppe decide diversamente, tenendo Maria con sé come tutti sappiamo, tranne i bambini che ci raccontano questa storia di cui, presumo sempre io (ma posso sbagliarmi, naturalmente!), è molto probabile che non abbiano afferrato precisamente il significato.
E poi il gran finale: il racconto da parte dei pastori del viaggio di Maria e Giuseppe verso Betlemme e le considerazioni sulla stella cometa e sull’attesa del Natale di Gesù. In mezzo all’attenzione silenziosa di mamme, papà, nonni, fratelli maggiori, ecco che i bambini-pastori raccontano:  tutte le cose venivano distratte dal loro corso, descrivendo l’aspettativa del creato in cui si inserisce anche questa considerazione: io sono il vento, prima soffiavo e poi non soffiavo più,  e il bambino-angelo annunciatore: vi porto una lieta novella…questo vi servirà di segno. E finalmente lo stesso bambino-angelo ad evento concluso, ci informa:  e la madonna disse:- tu sei messo al mondo per meravigliare-! A queste parole fanno eco tutti gli altri bambini-pastori, riflettendo tra loro sul miracolo del loro stesso viaggio verso la grotta, della quale ovviamente si tace durante tutto il racconto,  con queste parole: come spinti da una mano leggera ci siamo incamminati. Faccio un po’ di fatica immaginare i bambini-pastori che si sentano spinti da una mano leggera. In effetti subito dopo danzano tutti insieme al suono di una musica rock, pietosamente inserita forse per dare un tocco di spontaneità a tutta l’esibizione  che contrasta vivacemente con tutto ciò che era stato rappresentato prima. I genitori fanno ala a tutti i bambini accompagnando con applausi modulati sulla musica rock.  E infine  i settanta e passa bambini, a turno si inchinano platealmente al pubblico per raccogliere ancora applausi per se stessi e per la loro  brava maestra di teatro. La quale, come poi mi hanno informato, aspirando al ruolo di regista di teatro contemporaneo, ha raggiunto l’obiettivo citato in apertura, quello, cioè di far stare tutti insieme.
Insieme, sì, ci siamo stati ma forse nel modo meno autentico possibile?
Non saprei. Guardo i bambini: hanno l’aria di essersi divertiti. Guardo le mamme: sembrano orgogliose dei loro pargoli. Guardo la maestra: sembra moooolto soddisfatta. E’ stata anche omaggiata di un bel mazzo di fiori!
Ecco, mi dico, sei sempre tu la solita outsider. Che ti aspettavi? Tuscendidallestelle? Oppure astrodelciel? O che magari i bambini, parlando nella loro lingua abituale, facessero gli auguri ai loro genitori con le loro melense canzoncine? Ma che antica!

 E su questa riflessione,  mi avvio mestamente verso l’uscita.

Maria Rosa Giannalia

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