giovedì 13 marzo 2014

Cinque minuti






E’ piacevole alzarsi al mattino con il suono della radio-sveglia e farsi accompagnare dal programma preferito nel corso della prima colazione. E’ un modo per iniziare bene la giornata, riconciliarsi col mondo, e, a seconda delle preferenze di ciascuno, rilassarsi o ricaricarsi per affrontare una nuova giornata di lavoro.
Noi donne in particolare abbiamo bisogno di questa mezzora di solitudine mattutina ( a giudicare anche dalle mie amiche che condividono questa pratica) per raccogliere idee buone da spendere nel corso delle giornate che non lasciano un attimo di respiro, tra tutte le incombenze pragmatiche alle quali l’abitudine non è ancora riuscita a togliere quella patina di pesantezza che tutti a casa, figli e soprattutto marito, si sospettano neppure. Che le donne siano multitasking ormai è un fatto assodato, lo scrivono persino nei settimanali a un euro, tanto che conosciamo perfettamente il significato della parola, come , viceversa, non potremmo giurare di conoscere il corrispettivo  italiano. Siamo sommersi da badilate di spending rewiev, twitter, post, scannering, trendy, hair style, bag, coffee, meeting, piercing, facebook… e ci aggiriamo tra queste parole con la sicurezza baldanzosa e l’orgoglio di chi sa di essere parte di una comunità mediatica che si autosostiene e si autogratifica nel gruppo perché nel gruppo si identifica e dal gruppo prende ispirazione.  E questo ci rassicura. Molto. Ognuno certo ha i suoi gusti, ma la radio offre trasmissioni per tutti i palati specie quelli più forti. Un po’ meno per quelli più , diciamo, esigenti.
Ma c’è una cosa che è veramente democratica, assolutamente egualitaria, indifferenziata e nella sua banalità, addirittura sublime: la pubblicità.
Fanno impazzire gli stacchi pubblicitari che durano più delle trasmissioni. Spesso non si capisce se è la pubblicità ad intervallare le trasmissioni o sono le trasmissioni che fanno da stacco alle varie pubblicità. 
Tra queste ultime ce n’è una che veramente mi colpisce ogni mattina  per l’ineffabile pregnanza delle parole utilizzate coraggiosamente in controtendenza. Sono tutte parole della nostra lingua madre e tutte di alto spessore semantico.

Alle otto del mattino , nella pubblicità radiofonica, questa è la conversazione tra due (si presume) sposi o compagni di vita:

Lei: “ Freddo, freddo, freddo!”
Lui:   “ Dammi cinque minuti!”
Lei:    “ Fame, fame, fame!”
Lui:    “Dammi cinque minuti”

E qui segue il disvelamento del nome del prodotto in grado di soddisfare in cinque minuti le estreme esigenze della signora (trattasi di un forno a legna ad uso domestico in grado di preparare le pizze in cinque minuti, appunto). E infine , veramente sublime, la chiusa:

Lei:     (con voce seducente) “E adesso ce l’hai cinque minuti per me?”

Ovviamente non conosceremo mai la risposta di lui che si presume possa andare dall’accoglimento  della proposta con ribaltamento immediato di forno e pizza,  al disdegno più totale, vista magari la fatica da superman autoimpostasi per accendere il fuoco, impastare la farina, mettere il condimento per la pizza, infornare, servire, tutto nel tempo record di cinque minuti. Appunto. Rimane però il messaggio  evocato dal sottotesto: se ti mostri in grado di procurarmi caldo e cibo in tempo record, io ti concederò tutte le mie grazie per tutto il tempo che ci vuole.
Quale immaginario stimola questa pubblicità? La donna-principessa lobotomizzata che si deve curare solo di piacere al suo principe il quale è in grado di soddisfare tutti i desideri. E per fare consolidare ancor meglio questo concetto, qui non si usano più le parole inglesi che fanno tanto trendy, ma quelle del vocabolario-base della lingua madre. Così, tanto per essere sicuri che il messaggio passi per benino e trascorra senza intoppi attraverso tutte le intelligenze. Un minimo comune denominatore sociale.

Democratico, appunto.

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