lunedì 7 luglio 2014

Alcune riflessioni a caldo...

Condivido qui di seguito l'articolo :

Alcune riflessioni a caldo...


nella rivista on-line INSEGNARE direttore Mario Ambel


Alcune riflessioni a caldo...

di Maurizio Muraglia, Maria Rosa Giannalia
Pubblichiamo alcune considerazioni sul "Piano per la scuola" lanciato in questi giorni dagli organi di stampa...Pubblichiamo alcune considerazioni sul "Piano per la scuola" lanciato in questi giorni dagli organi di stampa...

Qualche domanda pertinente...
Perché il Governo si accinge a varare un piano sulla scuola? Da quali problemi muove? Razionalizzazione della spesa? E in funzione di che? Proviamo a dare una risposta. Gli apprendimenti dei nostri alunni sono insufficienti. Se questo è il problema all’origine dei problemi vediamo di capire se le ipotesi che vengono elaborate sull’organizzazione del lavoro docente servono ad affrontarlo e risolverlo. Ma forse occorre ancora un altro passaggio, diagnostico. A che cosa bisogna attribuire l’insufficienza degli apprendimenti? A una carenza di formazione? A una carenza di impegno? Parliamone.
Il lavoro docente è un mix di motivazione e di competenze. Perché ne aumenti la qualità probabilmente occorre incidere su entrambi gli indicatori che si influenzano reciprocamente (se sono motivato sono bravo e se sono bravo sono motivato) e quindi bisogna vedere se l’ipotesi governativa allo studio è capace di produrre effetti a questo livello. Per esempio, potrebbe influire positivamente la permanenza a scuola per 36 ore? E in quale “scuola”? Ovvero: quali sono i luoghi della scuola che possono consentire a tutti i docenti che non sono in classe di fermarsi a lavorare? Biblioteche? Sale professori? Aule specializzate? E anche in presenza di questi spazi alternativi all’aula, cosa farebbe un insegnante di diverso che a casa propria? Preparerebbe lezioni e correggerebbe compiti? E si direbbe che lo fa bene perché lo fa a scuola con un cartellino timbrato? Chi garantisce che questo lavoro compiuto a scuola inciderebbe positivamente sul mix di motivazione e competenze?
L’incentivo economico. Pare che riguardi chi assume incarichi di coordinamento. Bene. E il fatto che guadagni di più chi è impegnato in ruoli organizzativi in che misura influisce positivamente sul famoso mix, che è poi ciò che incide direttamente sugli apprendimenti dei ragazzi? Ancora. Qualcuno si ricorda che a scuola l’insegnamento è un’impresa collettiva? E che gli apprendimenti dei ragazzi migliorano in virtù del miglioramento di un team? E se nel team c’è quello che si “limita” alle 18 ore accanto a quello che “vuole” fare di più e che per fare di più è costretto a dedicare meno tempo alla didattica come la mettiamo?
Maurizio Muraglia

Le vere priorità
L’articolo di la Repubblica del 2-07-2014  riferisce con chiarezza quali sono le proposte per rivoluzionare il piano orario delle scuole e garantire un’efficienza nel servizio educativo e di formazione dei giovani. Desidererei qui analizzare la questione passo passo per capire, io per prima, in che cosa consisterà questa riforma e quali e quanti saranno i vantaggi di cui beneficeranno gli studenti italiani nel prossimo futuro.
Desidererei qui analizzare la questione passo passo per capire, io per prima, in che cosa consisterà questa riforma e quali e quanti saranno i vantaggi di cui beneficeranno gli studenti italiani nel prossimo futuro.
Trentasei ore di docenza per tutti. In effetti si parla di “docenza”, vale a dire, con le metodologie messe in atto finora, ivi comprese le tecnologie (LIM in tutte le aule, supporti telematici, aule speciali…), che al docente si chiederà di restare in classe o in laboratorio per 36 ore settimanali con la stessa retribuzione.
Analizziamo in cosa consista la “rivoluzione oraria”. Tutti noi docenti sappiamo molto bene che le lezioni vanno preparate adeguatamente alcuni giorni prima della lezione vera e propria. Nel caso, per esempio, dell’uso della LIM ormai entrata nella prassi ordinaria della metodologia didattica (finalmente!),  tutte le lezioni devono, per essere veramente efficaci, essere strutturate nel merito e nel metodo. Vale a dire , facendo un esempio specifico, che, se un docente di italiano deve strutturare per i suoi alunni una lezione, poniamo, sull’uso dei tempi  del modo indicativo, dovrà strutturare:
- una lezione attraverso esempi ben scelti e finalizzati alla classe specifica, tenendo conto di tutte le variabili previste dal caso (alunni con BES, alunni con disagio, differente preparazione degli alunni di quella classe ecc.), per fare in modo che, attraverso l’uso della LIM, tutti gli alunni comprendano l’argomento proposto;
- strutturare delle esercitazioni, auspicabilmente sempre attraverso la LIM, per tutti gli studenti differenziandole per livelli, e proporle alla classe per una durata di almeno un’ora successiva alla lezione succitata.
Quindi, per due ore di attività in classe, necessitano circa quattro ore di preparazione dei materiali. A me, dunque, docente di qualsiasi classe, va benissimo una dilatazione delle ore da potere investire nella preparazione del mio lavoro. Anzi, oserei dire, mi va meglio.  E in tal senso non solo vedrei molto favorevolmente le trentasei ore, ma a queste aggiungerei anche delle altre (pagate come ore di straordinario) che mi consentano di:
- rimanere a scuola a prepararmi le lezioni, a correggere i compiti degli alunni;
-usufruire dei mezzi informatici messi a disposizione dalla struttura scolastica;
- usufruire eventualmente di una mensa che mi eviterebbe di uscire dalla scuola e andare a fare una pausa pranzo a casa (o un semplice buono-pasto da spendere in una tavola calda, così come avviene per tutto il comparto del pubblico impiego);
- confrontarmi con i miei colleghi per avere un riscontro metodologico e ottimizzare il lavoro da svolgere all’interno del consiglio di classe;
- poter pianificare il mio lavoro all’interno di una programmazione generale delle diverse discipline con l’intero consiglio di classe. programmazione che finalmente, come accade nella maggior parte dei casi,  non sarebbe più il farsesco elenco di obiettivi e metodologie che si propina tutti gli anni cambiando solo la data;
-poter concordare con i miei colleghi strumenti e metodi per una valutazione efficace non punitiva ma di monitoraggio meta cognitivo e quindi di miglioramento;
-studiare, magari in gruppi di lavoro per materie affini, nuove metodologie di intervento didattico;
- scegliere e pianificare con i colleghi metodologie didattiche adeguate che tengano conto delle differenze presenti nelle classi di riferimento.
Se mi fosse permesso di fare tutto questo lavoro preparatorio che è lo strumento essenziale per potere effettivamente migliorare l’offerta formativa mia e dei miei colleghi, non solo sarei disposta a lavorare 36 ore  a settimana, ma anche di più.
Cosa propone invece il ministro?
Le trentasei ore andrebbero solo a coprire le eventuali assenze dei docenti, facendo svolgere agli altri docenti non delle attività didattiche secondo quanto sopra descritto, bensì delle semplici “presenze” tali da assicurare la vigilanza in classe, come d’altro canto è stato sempre fatto nei casi di emergenza.
E allora mi chiedo: forse farebbero meglio i nostri decisori politici a dirci chiaramente come stanno le cose senza farcele intuire attraverso i bizantinismi propositivi. Si legge infatti nell’articolo:“i risparmi nelle supplenze interne possono garantire investimenti nei premi ai più disponibili e nell’offerta formativa”.
In che cosa dovrebbe consistere questa maggiore disponibilità dei docenti? Quali attività dovrebbero svolgere in più e più qualificata rispetto al loro specifico ruolo che è prioritariamente quello di formare culturalmente i giovani?
Perché, stando alla normativa attuale, tutte le attività di supporto organizzativo, hanno già una loro collocazione precisa nelle cosiddette figure strumentali e negli incentivi alla collaborazione al team di dirigenza. E allora?
Aspetto di sentire e soprattutto di leggere con chiarezza in un testo di legge quali siano queste attività da premiare.
Le uniche attività da premiare sarebbero quelle che vanno al di là dell’attività sopra esposta, ma quali? Non sono certo quelle di impegnarsi nel ricevimento dei genitori o nel supporto psicologico agli alunni o ancora in altre centomila attività da “inventare” per dare visibilità ai dirigenti e alle autorità degli enti locali.
Sarebbe auspicabile viceversa dare la possibilità reale a tutti i docenti di svolgere bene il proprio ruolo attraverso un aggiornamento e una formazione seri e soprattutto obbligatori per tutti e non solo per chi ne abbia voglia. Qui sta il nodo della questione: la formazione obbligatoria dei docenti. É in tal senso che bisognerebbe investire e incentivare anche i docenti stessi. E se la formazione diventa tale e se soprattutto viene fatta in modo serio e scientifico, non ci sarà certo bisogno di programmare altre ore destinate a chissà quali altre attività.
Credo che i docenti oggi si aspettino di essere messi nella condizione di fare bene il loro mestiere, che è quello di aiutare i giovani nella loro formazione culturale e nell’acquisizione degli strumenti che li pongano nella condizione di essere “critici” nei confronti della società e di “scegliere” in autonomia i loro percorsi futuri.
Ma tutto questo costa. E costa molto. E in questo senso le risorse messe in campo non sono mai state veramente all’altezza del compito Né lo saranno, viste le premesse, neppure questa volta. Infatti non si parla di nuovi investimenti ma solo di risparmi. Intanto, per capire meglio le intenzioni programmatiche, aspettiamo per il momento di vedere quali saranno gli interventi annunciati ma ancora non avviati per la ristrutturazione delle scuole fatiscenti.
Per citare solo un piccolo esempio: a Cagliari lo storico liceo classico "Dettori" ha visto crollare il soffitto di un'aula. Risposta delle autorità preposte? Evacuazione dell’edificio e ospitalità in altre strutture scolastiche ospitanti per tutti gli alunni. L’edificio è ancora lì che attende.
Maria Rosa Giannalia


giovedì 3 luglio 2014

Ancora...il Caffè del Parco






Non si può più fare finta di nulla. Anche il comitato di quartiere cittadino se ne sta già occupando. Non è veramente tollerabile che questo abominio venga ancora perpetrato nel cuore del nostro quartiere di Pitz’e serra. Altri due articoli in questo stesso blog hanno mostrato lo stato di devastazione in cui versa il Fu-Caffè Del-Parco. Come si vede dalla foto, adesso alla spazzatura, all’erbaccia, al giardino incolto, si sono aggiunti le rotture vandalistiche dei vetri, coperti pietosamente con cartoni di recupero.
Il Sindaco Mauro Contini aveva già risposto al primo articolo del blog su questa questione, assicurando che la struttura del caffè del parco sarebbe stata messa in vendita. Quello che però vogliamo chiedere è: a quale cifra è stato messo in vendita? E’ una cifra abbordabile per una piccola cooperativa di giovani? O piuttosto dobbiamo pensare che la struttura venga lasciata marcire a bella posta per non si sa quanto altro tempo in modo che poi si possa cedere al miglior offerente per un piatto di lenticchie? E poi ancora: il giardino deve restare così abbandonato alla mercé dei vandali che non aspettano di meglio che distruggere quel poco di buono che ancora resta?
Il comitato cittadino deve farsene carico, bisogna portare  a conoscenza dell’autorità municipale con la dovuta evidenza questa vergogna. Credo che tutti noi, abitanti del quartiere, avremmo molto interesse a che tale questione venga risolta nel più breve tempo possibile. E se non si riesce a vendere subito ( chiediamo  informazioni circa l’ordinanza municipale in cui si possa vedere questa offerta di vendita con regolamentare cifra richiesta), che almeno si curi un po’ l’aspetto del giardino che è di proprietà comunale e si impedisca in qualche modo che altri atti di vandalismo vengano compiuti ai danni della cittadinanza.

Per tutto questo e per altri problemi di carattere ecologico e di civile convivenza cittadina, chiediamo al comitato di quartiere di intervenire con la sensibilizzazione dei cittadini e con un’eventuale raccolta di firme in calce ad un documento di denuncia di questo stato di colpevole abbandono in cui versa il caffè del parco.