mercoledì 3 gennaio 2018

' A truvatura: quarta puntata


di Giuseppe Perricone

 - Papà! Papà, dove sei?
Accorse con ansia al capezzale della figlia e la trovò seduta in mezzo al letto con gli occhi già colmi di lacrime.
- Sono qui, tesoro mio. Stai tranquilla chè non ti lascio. Vieni qui, in braccio a papà. Così, brava. Aspetta che ti asciugo gli occhi.
Prese dalla tasca il fazzoletto e glielo passò delicatamente sul viso.
Allo stesso modo della notte appena trascorsa, Rosina gli si strinse addosso con tanta foga che Gaspare dovette prepararle il caffelatte continuando a tenerla in braccio.
 Intanto che la bimba faceva colazione, l'uomo cercava di trovare il modo migliore per farsi narrare gli avvenimenti che l'avevano prostrata durante la notte. Non riusciva a trovare le parole giuste per introdurre il discorso. A sollevarlo da queste incertezze fu la stessa Rosina.
  - Papà..., non voglio dormire più in quella stanza ! Voglio dormire con te.
  - Perché non vuoi più dormirci ? Cosa c'é che ti spaventa ? Dillo a papà tuo.
  - Si..., ti racconterò tutto.

  La sera prima, quando Rosina s'era messa a letto, stentava ad addormentarsi. Non perché soffrisse d'insonnia, ma perché voleva essere ben sveglia nel caso fosse ricomparso quello che ormai considerava il suo amichetto preferi­to: Angelo.
  Stava per cedere al sonno quando un rumore, che aveva origine nel punto in cui stava l'armadio, la ridestò impro­vvisamente; lo stesso rumore che aveva preceduto la prima appari­zione di Angelo. Era come se qualcuno tentasse di spostare il pesante mobile, come se cercasse di trascinarlo o di spingerlo, senza tuttavia riuscirci.
  Immediatamente Rosina si sedette in mezzo al letto con lo sguardo fisso in direzione del punto in cui si aspettava di vedere comparire lo strano ospite. Infat­ti il bimbo era proprio dove era comparso la prima volta, ma in piedi, piantato lì che la osservava con un mesto sorriso sulle labbra.
  Rosina scese dal letto e gli si avvicinò. - Ciao ! - disse - Dove sei stato finora ?
  - Mi rincresce per quanto é successo l'altra volta. - ris­pose Angelo - Sono sicuro che ti sei spaventata moltissimo. Hai visto quel brutto vecchio? E' quello di cui ti parlavo, il più cattivo.
  - Si, ho avuto paura, ma non solo per me ... ero preoccupata per la punizione che il vecchio ti avrebbe dato, ma ora che ti vedo sono contenta. Sai, ho pensato molto ai discorsi che hai fatto la volta scorsa e francamente non so se devo prenderli sul serio, anche se non riesco a capire come fate tu e gli altri a comparire e scomparire in questo modo. Vuoi spiegarti meglio? Cos'è questo fatto che tu sei … morto? E ... il ... tesoro ..., qui sotto?  
  Angelo non rispose subito. Era pensieroso, come chi ha una cattiva notizia da comunicare e cerca il modo giusto per farlo o, forse, un alibi per non doverlo fare. Poi tratto un profondo respiro di rassegnazione cominciò:
  - Lascia perdere il discorso sulla mia morte perché questo ha un'importanza relativa. Dimmi, hai mai sentito parlare di una Truvatura? Sai che cos'é?
  - Si, - rispose Rosina - é un tesoro nascosto che solo alcuni possono trovare e prendere.
  - Beh, sì. - assentì l'altro - In un certo senso hai detto bene, ma non sai tutto. Chi riesce a trovarla 'sta truvatura - ma senza il nostro aiuto nessuno ci riuscirebbe - deve lasciare in pegno quanto ha di più prezioso, in alcuni casi la propria vita o quella di un familiare. Chissà, forse anch'io sono una vittima della Truva­tura ... Hai capito ora cos'è il tesoro celato qui sotto? E capisci perché ero restio a parlartene? Ma, ormai, tanto vale che ti racconti tutto, anche per metterti in guardia.
  Rosina era ammutolita per lo stupore, ma anche se non profe­riva parola, il suo sguardo fisso su Angelo era un eloquente invito affinché questi continuasse la sua spiegazione. Infatti il ragazzo riprese il discorso interrotto:
  - Questa Truvatura consiste in una grossa quarara[1] stra­colma di monete d'oro e in una scarpina da donna anch'essa tutta d'oro e tempestata di pietre preziose.
  A questo punto fece una pausa e Rosina capì che era arrivato a quella parte del discorso che avrebbe voluto celarle; fu tenta­ta di impedirgli di continuare, perché era ormai convinta che avrebbe appreso cose che sicuramente l’avrebbero fatto scantare, ma Angelo, interpretan­do il suo silenzio come un invito a continuare, riprese: - Ascoltami bene ora. Mi é stato raccomandato di non metter­ti a conoscenza di quanto sto per dirti. Ma io voglio che tu sappia tutto. Voglio metterti in guardia da loro. Sai, mi sono molto affezionato a te, forse perché mi ricordi molto la mia sorellina dalla quale vorrei tanto farmi perdonare tutti i miei dispetti.
  - Ascoltami: quando con la tua famiglia sei venuta a stabilirti in questa casa, i due vecchi, vedendoti, hanno pensato che eri tu quella che mancava per completare quella che loro definiscono "la nostra bella famigliola". Io lo riferii a fra' Santo Spirito il quale mi incaricò di avvertirti perché tu non ti faccia convincere da nessuna delle allettanti offerte che quelli possono proporti, come il concederti la Truvatura, per esempio. Infatti, mentre la prima volta sono venuto su incarico del frate, ora sono qui su incarico dei due vecchi, per proporti di cercare il tesoro nascosto. Io ho molta paura di loro, ma ti voglio molto bene e ti dico ancora una volta di stare attenta, di non fidarti. La Truvatura é una trappola per … te. Forse la tua famiglia si arricchirebbe, ma tu sicuramente ne pagheresti il "pegno" con la tua vita. Anche se mi piacerebbe stare per sempre con te, non voglio che tu segua quella che probabilmente è stata la mia sorte.
  Rosina stava per ribattere qualcosa ma fu interrotta … dall’Orrore.
  - Chi stai facennu, mmalirittu ?!!! - era il vecchiaccio che la bimba già conosceva, che, gridando con quella sua voce che nulla aveva di umano, improvvisamente era apparso alle spalle di Angelo. Questa volta non era solo. Era in compagnia di un altro vecchio orripilante quanto lui, ma che sembrava essergli sotto­messo come un cane al suo padrone.
 Angelo, al sentire quella voce accennò un timido istintivo tentativo di fuga che il vecchio bloccò sul nascere artigliandolo con quelle sue mani scheletriche ma forti.
Anche Rosina tentò di fuggire verso la stanza dei fratelli, ma il solito vecchio intuendo le sue intenzioni, imprecando e bestemmiando, intimò all’altro: - Blocca l'uscita, stupido! Ci provo io a convincere questa signorinella, visto che il suo "amichetto" non se la sente.
 Rosina vide il secondo vecchio come, fluttuando nell’aria, spostarsi velocemente a bloccargli la strada verso la salvezza.
Rimase impietrita dall'orrore, il tempo di sentire la solita voce rivol­gersi a lei con un tono che voleva sembrare mellifluo e accatti­vante, senza però riuscirvi: - Bambina mia, non aver paura di me. Io sono buono, Angelo ti ha raccontato un sacco di bugie. L'unica verità che ti ha detto è l'esistenza della Truvatura. Non ci credere al fatto del pegno..., non è vero niente. Vuoi che la tua famiglia diventi ricca? Non devi fare altro che venire giù con noi e prendere la Truvatura.
Poi, con tono compunto, proseguì: -  Noi vogliamo farti soltanto del bene, per farci perdonare i peccati commessi nella nostra miserabile vita da Colui che dispensa misericordia anche ai peccatori quali noi siamo. Aiutaci a farti del bene.
 Ma a questo punto la bimba riuscì a sbloccarsi e gridando come una forsennata cercò di rifugiarsi sotto il letto, ma quel­lo, subitaneamente, continuando a tenere un braccio attorno al collo di Angelo, con l'altro prese la sedia che era ai piedi del lettino e la calò con forza sulla piccola imprigionandovela dentro.
 Intanto risvegliàti dalle grida di Rosina, ecco accorrere Ciccio, Damiano e dietro di loro il padre.
 Probabilmente fu il tramestio prodotto da costoro a indurre i vecchi a scomparire con Angelo, come e per dove erano venuti, non senza, però, che il più malvagio dei due, quello che ormai aveva chiaramente dimostrato di essere il capo, avesse lanciato un'ultima minaccia alla bimba:- Non finisce così. Finché starai in questa casa non avrai scampo.... Prima o dopo sarai nostra!!!  ... E’ solo questione di tempo!!!

 Quando Mastro Gaspare ebbe finito di ascoltare il racconto della figlia, l'aiutò a vestirsi e l'accompagnò a casa della madre dove già si trovavano Damiano e il piccolo Andrea.
 L'anziana donna era in apprensione da quando aveva visto arrivare i due nipoti ad un'ora così insolita della giornata. Invano aveva chiesto spiegazioni a Damiano, questi, tenendo fede alla promessa fatta al padre, le aveva fornito soltanto delle risposte evasive che non l'avevano affatto convinta. Lo domandasse al padre, quando questi fosse venuto con Rosina!
  Quando Mastro Gaspare arrivò con la figlia, la madre, solo guardandolo in volto, capì che pensieri molto gravi lo turbavano e, tuttavia, non se la senti di chiedergli nulla, ma, presa in consegna la nipotina lo lasciò allontanarsi senza che nessuno dei due avesse proferito alcuna parola, a parte un breve cenno di saluto. Benché l'espressione del viso del figlio l'avesse messa in allarme, tuttavia la donna sapeva che lui non le avrebbe raccontato nulla se non quando lo avesse ritenuto opportuno.
  L'uomo tornò a casa. Aveva deciso che doveva, a qualunque costo, constatare con gli occhi suoi cosa si nascondesse sotto il pavimento della stanza della sua bambina: doveva appurare se le disavven­ture della figlia avessero un reale fondamento.
  Una volta sul posto, andò direttamente nello sgabuzzino dei suoi attrezzi da lavoro e ne prese una piccozza, uno scalpello e un mazzuolo.
  Prima di oltrepassare la soglia della cameretta di Rosina, si segnò e recitò ancora le Dodici parole della verità, poi entrò. Svuotò l'armadio per renderlo più leggero e spingendolo dal muro lo spostò fin quasi al centro della stanzetta. Poi cominciò col manico del mazzuolo a tastare quella parte di pavimento precedentemente occupata dal mobile per veri­ficarne la risonanza. Già ai primi colpi dal rumore che si sentiva si capiva benissimo che lì sotto era vuoto. Ripeté l'operazione in tutta la stanza senza però ottenere la stessa risonanza.

  Era risaputo che il sottosuolo di quasi tutta la parte centrale del paese é attraversato da una miriade di cunicoli naturali che collegano diverse caverne altrettanto naturali e la volta delle quali, costituita da durissima roccia, era spessa generalmente molti metri. In alcuni casi, invece, si riduceva fino a poche decine di centimetri e, addirittura, qualcuno di quei cunicoli sbucava perfino in superficie. A riprova di ciò esistono in paese alcune case ed anche alcuni esercizi commerciali ricavati in queste grotte. Infatti, proprio in centro, a ridosso della piaz­za, all'interno di una di queste caverne, c'é un'officina mecca­nica. Nessuno sa fin dove porta quel cunicolo, visto che qual­cuno, non si sa in che epoca, ha ritenuto opportuno ostruirlo con un muro. Nelle vicinanze c'é un'altra grotta sotterranea molto grande che una volta era adibita a stalla per asini e muli e che ora funge da scantinato a una palazzina di due piani.
  Si dice che questo complesso di caverne coi suoi cunicoli si estenda fino alla vicina città di Palermo e che, tra il '600 e il '700, servisse da rifugio alla setta dei Beati Paoli. Ma queste dicerie, per la verità, non hanno mai avuto il suffragio di alcun riscontro storico o geologico.

  Mastro Gaspare, razionalista com'era, non volle abbandonarsi a congetture fantastiche sulla natura del vuoto sotto il punto del pavimento occupato dall'armadio, ma volle pensare che da lì si dipartisse qualche cunicolo o qualche caverna naturale.                                     
  Diede un colpo di piccozza su uno dei mattoni accosto al muro rompendolo, poi con lo scalpello prese a svellere gli altri in prossimità del primo finché non ne ebbe divelti una ventina; raschiò i residui di malta rimasti attaccati al pavimento. Questa operazione gli consentì di portare allo scoperto un grosso anello di ferro, di quelli che si usava attaccare nei muri delle stalle per legarvi le bestie. Qui l'anello veniva ad essere al centro di quella che sembrava essere come una botola di cemento di forma quadrata. Individuato il contorno del suo perimetro, aiutandosi ancora con lo scalpello, riprese a raschiare la malta che la teneva attacca­ta ai bordi del pavimento e quando la botola fu completamente liberata provò a sollevarla con la sola forza delle braccia senza tuttavia riuscirvi.  
 Stava per riprovarci aiutandosi con un paletto di ferro fatto passare attraverso l'anello per usarlo come una leva, quando pensò che ormai non ne valeva più la pena. Infatti, a lui bastava avere appreso che, anche se sotto quella parte del pavi­mento esisteva una caverna naturale, ormai era evidente che qualcuno in carne ed ossa vi aveva avuto accesso per chissà quali misteriosi motivi e che, magari per gli stessi motivi, aveva ritenuto opportuno celarne poi l'entrata. Qualunque cosa fosse accaduta in quell'antro, sicuramente era quella la genesi delle drammatiche "visioni" della piccola Rosina.
(Continua)





[1]  Pentolone di rame che un tempo si usava per cuocere nelle vecchie cucine in muratura alimentate a legna.

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